Gravità

Gravità è una performance fotografica di Giuseppe D’Addurno curata da Antonio Poe e Lettere Cubitali APS.

Nella mitologia greca, alcune protagoniste femminili vengono punite da entità superiori e trasformate in elementi naturali: sorgenti (Aura), rocce (Niobe, Erse), piante o canneti (Daphne, Syrinx) e così via.

In questa serie, viene affrontata la relazione spaziale tra il soggetto ed il paesaggio, cambiando l’identità di entrambi, sovrapponendo e sperimentando. Come nei miti greci, i soggetti femminili sono coinvolti in un processo di metamorfosi tra essere umano e Natura, animale ed elemento, soggetto e sfondo. Anche se a volte dimenticate, le storie di queste donne
sono intrecciate con la nostra coscienza morale. Violentate, perseguitate, punite o indotte al suicidio, tutte le donne di questi miti ci parlano (con voce più che attuale) tramite archetipi della trasformazione, presenti nel profondo del folklore mediterraneo.

 

Il tubo di plastica interconnesso alle cornici irrora gradualmente ognuna
delle opere, ed esse vengono lentamente inquinate da olio nero, che scende
dall’alto per gravità. Ciò rappresenta la corruzione della nostra connessi-
one essere umano – Natura tramite un simbolico avvelenamento delle
acque, simbolo alchemico immortale del nostro inconscio, scatenando la
conseguente consapevolezza sulla gravità della situazione.
È quindi tramite questa narrativa di autodistruzione che l’apporto fo-
tografico assume non solo il suo significato intrinseco di opera visuale ma
anche quello aggiunto di opera d’arte contemporanea in metamorfosi.

Giuseppe D’Addurno è un fotografo e videomaker lucano che vive e lavora a Berlino.